Problemi di stazza…

guidone ChioggiaRoberto Perini si domanda e domanda …. Perché stroncare le barche quando non è assolutamente necessario?    Avverto il dovere di dire la mia in veste di capitano della flotta El Gato di Chioggia cui appartengono Luca Marangon e Stefano Penzo, costruttori dello snipe ITA – 30514, nel merito della stazzabilità della loro barca, la cui regolarità è oggetto di discussione.

Innanzitutto, ti scrivo per lamentarmi del fatto che, piuttosto di adottare un provvedimento che giudico inutilmente drastico, proprio un giorno prima del Campionato Adriatico di Chioggia, il Comitato tecnico avrebbe potuto trovare una soluzione amichevole, magari provvisoria, per fare in modo che la barca in questione avesse potuto gareggiare senza presunti vantaggi sulle altre. La prima soluzione sarebbe potuta consistere in un nulla osta sub judice, similmente a quanto è sovente accaduto nell’automobilismo di Formula 1. Un’altra, probabilmente assai più realistica, sarebbe potuta concretizzarsi nell’obbligo ad arretrare la ferramenta di prua per quel tanto che sarebbe bastato per eliminare, ragionevolmente, il presunto vantaggio. Questa soluzione sarebbe stata assai facilmente praticabile affiancando l’ITA – 30514 ad un altro scafo sicuramente in stazza. Balza evidente che, grazie ad una squadretta, un righello ed una matita, si sarebbe facilmente potuta riportare la proiezione dello strallo nel punto usuale.

Talvolta la prudenza e la calma consentono di mediare. La fretta, invece reca solo danni

Qualche giorno prima del Campionato Adriatico di Chioggia parve che – almeno provvisoriamente – tutto si sarebbe, appunto, risolto con l’arretramento della ferramenta di prua. Invece, niente da fare. Arrivò una specie di “no” a tempo indeterminato cosicché la mia flotta finì per impoverirsi di una barca e di un valido equipaggio. Cattiva cosa soprattutto ora che molti di noi se la passano maluccio, conseguentemente alla crisi economica. Va da sé che questo sia il peggior momento possibile per far buttare via le barche o far disamorare le persone. Ma non voglio recriminare oltre. Aggiungo tuttavia che l’arretramento della ferramenta (e lo confermo da testimone) sarebbe stato accettato da Marangon qualora l’operazione fosse stata motivata adeguatamente. Sarebbe bastato dire a Luca (e confermo anche questo): “vedi, supponendo d’aver trovato un buco nel Regolamento, ci hai marciato un po’ e adesso rischi di rendere obsoleti tutti gli altri snipe del mondo. Cerca di capirci. Non possiamo permetterci una cosa del genere”. Comunque, resta il precedente di Augie Diaz cui è stato consentito di correre un Mondiale con la proiezione dello strallo spinta artificiosamente verso prua mediante una specie di squadretta, non più replicata (che si sappia) su altre barche. Non che quest’ultimo fatto sia giustificante… Però, a mio avviso, avrebbe dovuto indurre alla prudenza.

La costruzione di barche esteticamente discutibili va contrastata. Tuttavia occorre ponderare

A titolo personale, sostengo che l’accentuatissima bolzonatura della coperta prodiera ha dato luogo ad una barca che ritengo assai brutta, quantomeno secondo i gusti correnti. Ciò premesso, qualora il miglioramento delle prestazioni boliniere di uno scafo del genere dovesse risultare evidente, l’estetica classico-moderna degli snipe sarebbe seriamente messa a dura prova, con grave danno per la diffusione della classe.

Il regolamento, però, si lascia interpretare…

A ben pensarci, Luca Marangon e Stefano Penzo non hanno rimestato nel torbido ma, semplicemente sfruttato una tolleranza cui nessuno, precedentemente, aveva mai fatto caso. Io stesso, nei mesi in cui la barca era in costruzione avevo ironizzato sulla gobba di prua dovendo tuttavia ammettere che, da un’onesta lettura dell’attuale Regolamento, non emergeva alcun riferimento alla proporzione della curva di bolzone, rispetto al punto in cui la si misuri. Per l’occasione, constatai personalmente che questa “libertà di bolzone” fu introdotta in epoche relativamente recenti, dato che il regolamento in vigore negli anni Cinquanta fissa precise percentuali; quasi che William Crosby o Ted Wells avessero previsto che, prima o poi, qualcuno avrebbe tentato di fare una barca… bella quanto un bulldog. Mi scuseranno gli appassionati di questa nobile razza canina.

Adesso, però, piuttosto di insistere con chiusure e recriminazioni, risolviamo il problema e salviamo una barca

Il problema del punto d’attacco dello strallo rimane aperto, perlomeno in linea di principio. Non serve un genio a comprenderlo. Se accettiamo il concetto che lo spostamento a prua del punto teorico dello strallo reca vantaggi, avverto il dovere di segnalare che snipe come, ad esempio, i Faccenda (la cui coperta è assai più piatta rispetto alla media), ne escono penalizzati. Che dire, poi, quanto potrebbe essere “castigata” una barca con la coperta del tutto priva di bolzone, così com’erano i vecchi Southern americani dei primi anni Settanta? Il bolzone “zero” non è vietato! Bene, pur non essendo uno stazzatore ma conoscendo la geometria quanto basta, suggerisco per il futuro di stabilire il punto d’attacco reale dello strallo in coperta ricorrendo agli assi cartesiani: una misura dal nasello di prua, verso poppa  (x) ed una misura di altezza dalla linea dei bordi (y) con l’ammissione di una minima tolleranza. Così, a buon mercato, tutti potrebbero adeguarsi ad una regola certa, magari resa obbligatoria con effetto retroattivo. Questione di un paio di piastrine imbullonate. A questo punto è lecito obiettare che una barca simile all’ITA – 30514 non potrebbe, però, essere adeguata così facilmente. Ma dove sta il “problema insormontabile”? Nel caso specifico (ed altri analoghi, qualora ve ne fossero), una soluzione onesta potrebbe consistere nell’indicazione di un punto teorico da parte di uno stazzatore o, meglio, di una commissione formata da più stazzatori. Si tratterebbe di una sanatoria una tantum, con la certezza che certe forzature estetiche (seppur oneste, a mio avviso) non avranno a ripetersi.   Cordialissimi saluti

Roberto Perini