In un mondiale, a cui si accede per selezione, il livello è alto perché partecipano i migliori di ogni singola nazione. Si incontrano professionisti veri, semi professionisti (gente che ha un lavoro, spesso nel mondo velico, che dedica moltissimo tempo all’allenamento), dilettanti con talento e -pochi- appassionati che si allenano o escono in barca nei week end.
Noi non siamo nei primi due gruppi e nelle regate a questo livello ne paghiamo lo scotto, soprattutto se le condizioni sono dure come quelle incontrate a Cascais. Nessuno stupore quindi se i nostri nomi non si vedono al vertice delle classifiche.
Gli spagnoli avevano 4 allenatori, gli statunitensi 3, i brasiliani e i belgi 1, gli argentini un gommone di supporto (grazie ad Antonia per essere stata disponibile anche se imbarcata su un gommone “estero”).
Questo significa mesi e mesi di preparazione e un impegno finanziario non indifferente, cose che noi non possiamo affrontare (la somma dei giorni di allenamento di tutti i nostri equipaggi per questo mondiale è stata più o meno 1/10 di quelli di un singolo top finisher). Per cui tutto sommato non possiamo che accettare il risultato, considerando anche che nessuno dei nostri ha fatto danni gravi, mentre anche tra i big abbiamo visto alberi rotti, tangoni piegati, danni agli scafi e ritiri.
In effetti i fabbricanti di alberi, tangoni e vele hanno fatto affari d’oro. Al secondo giorno ho visto montare 8 alberi nuovi, tutti i giorni mazzi di tangoni (e di certo dopo nove regate con queste condizioni una rinfrescata alla dotazione di vele si renderà necessaria per tutti).
Per capire il livello degli equipaggi in acqua basti dire che hanno gareggiato un oro olimpico, altri cinque o sei olimpionici, 7 ex campioni mondiali snipe (che sono ammessi di diritto), parecchi campioni europei e dell’emisfero e vari professionisti sui barconi.
Il miglior equipaggio misto si è classificato al terzo posto, poi al quinto e all’undicesimo; negli ultimi due casi con due ragazze al timone (e stiamo parlando di Juliana Duque, campionessa brasiliana in carica e di Mafalda Pires de Lima, impegnata nella campagna olimpica per Parigi 2024). In totale gli equipaggi misti erano oltre 25. Ottima premessa per l’europeo in programma a fine ottobre.
In attesa di avere dati più precisi sui materiali usati (estremamente vari) per elaborare delle statistiche, un dato tecnico interessante è la nuova centratura che proviene dal Sud America: da decenni, con piccole variazioni sul tema, siamo abituati a tirare le sartie all’aumentare del vento con lo scopo di controllare meglio la forma delle vele; al contrario, secondo questa nuova tendenza, all’aumentare del vento si appoppa l’albero riducendo la tensione in modo da rendere tutto il sistema più morbido per far scaricare maggiormente le vele. Visto il meteo incontrato a Cascais scaricare era l’imperativo: di sicuro una messa a punto da provare nei prossimi mesi – anche se da noi raramente si regata con condizioni meteo così impegnative.
Come già nel 2015 a Talamone, l’equipaggio in testa prima dell’ultima prova non ha saputo amministrare il vantaggio. A Cascais Rodriguez e Tocke potevano vantare 6 punti di vantaggio sul secondo e 7 sul terzo, ma invece di controllare gli unici due avversari pericolosi hanno cercato il bordo migliore, che però tale non si è rivelato. Un errore di strategia che hanno pagato a caro prezzo.
Purtroppo, con le attuali regole di classe, il percorso olimpico è praticamente stato abbandonato e a Cascais abbiamo regatato solo su bastone e triangolo (anche se in qualche occasione degli olimpici sono stati fatti per via dei cambi di percorso dovuti alla variazione delle condizioni). Secondo me un peccato, perché quest’ultimo prevede tutte le andature e mette alla prova i concorrenti su un ventaglio maggiore di opzioni, soprattutto se le condizioni sono come quelle incontrate in Portogallo in cui le poppe erano spesso praticabili e i laschi da urlo.
Dopo molti anni di oblio, dovuto alla mancanza di laminati validi all’interno delle regole di classe, si è rivisto il mylar con grammature adatte e quindi approvabili, caratteristiche meccaniche in linea con quelle di tessuti attualmente utilizzati e, soprattutto, composte di materiale riciclato: il film è fatto con le bottiglie di plastica.
Non essendo ancora approvato, le vele sono state usate solo durante la regata di prova. Già negli anni 90, per un paio di stagioni, ho utilizzato vele in mylar delle quali ero rimasto entusiasta (un po’ meno della randa, che mi era parsa un po’ complessa da regolare). I laminati utili per lo snipe erano poi scomparsi dal mercato per cui nessuno se n’era più interessato. Vedremo come si evolverà la situazione.
Anche quest’anno la Star Sailor League ha preparato una maglietta personalizzata per ogni nazione ed ogni singolo concorrente. A noi è capitata la classica maglia azzurra con il tricolore sulla spalla, ma certamente il premio per la più bella va a quella di Cuba, con la bandiera nazionale messa in verticale.
Nel corso della premiazione sono stati consegnati riconoscimenti non solo di classifica, ma anche a categorie speciali (primo equipaggio misto, concorrente più giovane eccetera). Fuori dal solito protocollo, ma di certo un’idea simpatica per uscire dalla rigida consuetudine che avrebbe visto la consegna dei premi solo ai primi della classifica assoluta.
Credo di poter dire in conclusione che il campionato sia stata un’ottima occasione di crescita, non solo per i nostri veterani con molti mondiali alle spalle, che penso abbiano potuto constatare come negli ultimi anni il livello dei conconcorrenti sia con evidenza aumentato, ma soprattutto per i ragazzi, la maggior parte alla prima esperienza a questo livello e con queste condizioni, che porteranno a casa un notevole bagaglio utilissimo per la loro crescita velistica.





